Ristampato qualche mese fa, il primo disco degli LFO è uscito originariamente nel 1991. Io a quell'epoca avevo otto anni. Di cose ne sono successe giusto un paio, almeno per me è così, ma credo che anche voi possiate dire lo stesso.
Pure Frequencies se potesse parlare - e in qualche modo lo fa, ma traduco io per voi - ne ha viste di cotte e di crude durante lo scavalcamento del millennio. Di sicuro è cresciuto il suo valore nel tempo. Non che quando uscì non se lo filò nessuno, ben intesi. Però i suoi meriti sono stati riconosciuti maggiormente negli ultimi anni. Solamente i coetanei, o quelli che vennero subito dopo di lui, si accorsero immediatamente dell'importanza che questi pezzi ricoprivano.
Sinceramente non penso che sia quello che da molti viene definito come "capolavoro", ma ritengo che la sua forza sia più intrinseca, una rivoluzione in qualche modo silenziosa, che ha influenzato tutta una generazione di produttori a seguire. Il fatto che fosse uno dei primi dischi prodotti dalla Warp è un indizio che bisogna considerare: storicamente ha tracciato un sentiero per tutta l'elettronica più portata all'ascolto che al ballo, uscendo per un'etichetta che su queste prime produzioni ha creato uno stile unico.
Un approccio divertito, non così cerebrale come sarebbe stato quello degli Autechre, non così acido e schizzato come quello di Aphex Twin, e nemmeno così visionario come Black Dog Productions, ma un misto di tutte queste cose. Il disco è in effetti un discreto esempio di versatilità, spaziando dal brano più rilassato e giocoso a quello più duro, muovendosi tra techno, pop, sperimentazioni e un po' di house.
Io nel 1991 ascoltavo le sigle dei cartoni animati. Ma grazie agli LFO posso provare a immaginare la creatività e le proposte che avrebbero stimolato un decennio di grandi prove musicali.