20120513

pikaland |

Illustrazioni, grafica, autoproduzioni, piccole cose costruite su ottime idee: questo è quello che offre PIKALAND, una fonte dalle quale attingere per scoprire nuovi artisti.

20120503

lfo | frequencies

Ristampato qualche mese fa, il primo disco degli LFO è uscito originariamente nel 1991. Io a quell'epoca avevo otto anni. Di cose ne sono successe giusto un paio, almeno per me è così, ma credo che anche voi possiate dire lo stesso.
Pure Frequencies se potesse parlare - e in qualche modo lo fa, ma traduco io per voi - ne ha viste di cotte e di crude durante lo scavalcamento del millennio. Di sicuro è cresciuto il suo valore nel tempo. Non che quando uscì non se lo filò nessuno, ben intesi. Però i suoi meriti sono stati riconosciuti maggiormente negli ultimi anni. Solamente i coetanei, o quelli che vennero subito dopo di lui, si accorsero immediatamente dell'importanza che questi pezzi ricoprivano. 
Sinceramente non penso che sia quello che da molti viene definito come "capolavoro", ma ritengo che la sua forza sia più intrinseca, una rivoluzione in qualche modo silenziosa, che ha influenzato tutta una generazione di produttori a seguire. Il fatto che fosse uno dei primi dischi prodotti dalla Warp è un indizio che bisogna considerare: storicamente ha tracciato un sentiero per tutta l'elettronica più portata all'ascolto che al ballo, uscendo per un'etichetta che su queste prime produzioni ha creato uno stile unico.
Un approccio divertito, non così cerebrale come sarebbe stato quello degli Autechre, non così acido e schizzato come quello di Aphex Twin, e nemmeno così visionario come Black Dog Productions, ma un misto di tutte queste cose. Il disco è in effetti un discreto esempio di versatilità, spaziando dal brano più rilassato e giocoso a quello più duro, muovendosi tra techno, pop, sperimentazioni e un po' di house.
Io nel 1991 ascoltavo le sigle dei cartoni animati. Ma grazie agli LFO posso provare a immaginare la creatività e le proposte che avrebbero stimolato un decennio di grandi prove musicali.

20120502

the new black |

Un po' di tutto, ma fatto bene. E soprattutto senza prendersi troppo sul serio. Semplice ma anche molto utile per chi vuole tenersi aggiornato, THE NEW BLACK è un blog italiano che vi consiglio di tenere tra i vostri preferiti, soprattutto per le interviste, davvero niente male.

307 |

s 147 |

E poi tutto torna come prima: asciutto e senza sapore.

20120427

dirty three | whatever you love, you are

Nella mia mente i Dirty Three sono sempre stati una versione più rock, strumentale e meno blues dei Morphine. Lo so, ho dei problemi, non lo nego. Credo perchè entrambe le formazioni erano un trio anomalo, molto ai margini della scena musicale e sempre un po' dimenticati. Il resto credo di mettercelo io, come quelli che confondono De Niro con Pacino. Non c'è una motivazione vera e propria, se non la confusione mentale.
Non ho ascoltato altri dischi dei Dirty Three, e non credo che lo farò. O almeno, per il momento è così.
Troppo alta l'idea che mi sono fatto di questo gruppo per rovinarli con altri album. Per me la band australiana è questo disco, e nessun'altro. Ne hanno fatto di migliori? Di più belli? Non voglio saperlo.
Tra l'altro non credo possano esistere titoli più belli di questi: Some summers they drop like flys, I really should've gone out last night, I offered it up to the stars and the night sky. 
Senza dimenticare il titolo! Ah, che titolo!
E vogliamo parlare della copertina? Un dipinto che racconta perfettamente la musica che c'è dentro. 
Quindi, se nella realtà non possiamo evitare le cose, belle o brutte che siano, io qui mi rifiuto di saperne di più, mi accontento e passo avanti. 

No dai, sto scherzando. Adesso mi procuro gli altri dischi e vedo di farmeli piacere almeno la metà di questo. Magari mi piacciono di più. Prima però mi riascolto i Morphine, sai mai che ho ancora quel dubbio lì.

20120313

vagrant sneaker |

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20120225

burial | untrue

Ci sono dei dischi che ti lasciano sempre una sensazione di incompiutezza. Non sono dei mezzi passi falsi, anzi, ma sei convinto di non averli mai capiti del tutto, nonostante le ripetute e piacevoli frequentazioni. Non manca qualcosa all'album, manca qualcosa a te. Sono quei lavori che probabilmente garantiscono una continua capacità di esplorazione, a ogni nuovo ascolto mostrano qualcosa che prima pensavi di non aver sentito, e per questo  sgretolano le certezze raggiunte fino a quel momento. Pensi di aver fatto un passo avanti, e invece hai perso la strada che ti ha portato fino a lì. E ti sembra di non aver mai sentito quei brani.
Personalmente penso che questo avvenga sia perchè alcuni suoni non garantiscono punti di riferimento e lavorano sulla stratificazione, nascondendo e mostrando, come un illusionista; sia perchè qualcosa in noi è cambiato, o sta per cambiare, e modifica in qualche modo il nostro ricordo-non-ricordo di quello che abbiamo sentito.
E come non parlare di memoria, in un disco nel quale si sentono dei fantasmi? Qualcosa che pensiamo di aver visto, ma di cui non siamo sicuri; qualcosa che esisteva e adesso non più, o meglio, esiste in un'altra forma. Non hai compreso, non hai afferrato. Untrue, secondo disco di Burial, è lì, esiste, lo vedi e non lo vedi, lo ascolti e non lo ascolti, pensi di averlo capito e invece ti stai perdendo dentro.
Inafferabile lui. Incompiuto tu.