Mi sono sempre chiesto cosa ci fosse in quello sguardo, e pure dove stesse guardando. Da quel bavero alzato spuntavano due punte dritte e forti, tese verso qualcosa; presumibilmente degli alberti sullo sfondo, un pò di pioggia sul cappotto e sui capelli e poco altro.
Il giorno che ascoltai finalmente il disco, la domanda aveva lasciato il posto a una risposta, che come tale mi sembrava più una sicurezza che come una mia interpretazione.
Sguardo fiero, orgoglioso, battagliero, nutrito dalla speranza e dalla sensazione che la pioggia che si era fermata addosso, stesse lentamente scivolando via, che era arrivato il momento di agire. Lontano dalle copertine pulite della Motown, più vicino alla strada e alla ricerca di una verità, quando la verità dentro di sè si è consci di averla trovata.
Asciugato nello sguardo e nella mente, con le idee chiare, ma soprattutto con in testa un'idea coerente di mondo, con l'ecologia, l'infanzia, la pace e la tolleranza sopra tutto e tutti. Un album che tematicamente sarebbe limitante etichettare come religioso, bensì si pone al di là di un Dio, andando a sollecitare la coscienza comune, facendosi portatore di spirituralità e coscienza civile. Musicalmente è il disco che dalla Motown non era mai uscito: niente pop soul svelto da pochi minuti, ma in cambio brani con un respiro più ampio che non terminano all'interno di se stessi, ma si completano e si evolvono nel pezzo che li segue. Una sorta di forma libera, nella quale la voce e gli strumenti si seguono a vicenda, con cambi di ritmo, variazioni, spostamenti, temi che spariscono e poi ritornano; il tutto legato insieme da una voce unica, battagliera, che una volta di più si manifesta come entità spirituale di un uomo in lotta con la propria epoca. 1971, la droga nei ghetti, i sogni dei figli dei fiori ormai un ricordo distante, la guerra del Vietnam, la musica nera che lascia da parte i bei ricordi del decennio precedente per diventare funk, ritmo e acidità sonora. Qui un'altra epoca ha inizio.
Balthazar Smith
Il giorno che ascoltai finalmente il disco, la domanda aveva lasciato il posto a una risposta, che come tale mi sembrava più una sicurezza che come una mia interpretazione.
Sguardo fiero, orgoglioso, battagliero, nutrito dalla speranza e dalla sensazione che la pioggia che si era fermata addosso, stesse lentamente scivolando via, che era arrivato il momento di agire. Lontano dalle copertine pulite della Motown, più vicino alla strada e alla ricerca di una verità, quando la verità dentro di sè si è consci di averla trovata.
Asciugato nello sguardo e nella mente, con le idee chiare, ma soprattutto con in testa un'idea coerente di mondo, con l'ecologia, l'infanzia, la pace e la tolleranza sopra tutto e tutti. Un album che tematicamente sarebbe limitante etichettare come religioso, bensì si pone al di là di un Dio, andando a sollecitare la coscienza comune, facendosi portatore di spirituralità e coscienza civile. Musicalmente è il disco che dalla Motown non era mai uscito: niente pop soul svelto da pochi minuti, ma in cambio brani con un respiro più ampio che non terminano all'interno di se stessi, ma si completano e si evolvono nel pezzo che li segue. Una sorta di forma libera, nella quale la voce e gli strumenti si seguono a vicenda, con cambi di ritmo, variazioni, spostamenti, temi che spariscono e poi ritornano; il tutto legato insieme da una voce unica, battagliera, che una volta di più si manifesta come entità spirituale di un uomo in lotta con la propria epoca. 1971, la droga nei ghetti, i sogni dei figli dei fiori ormai un ricordo distante, la guerra del Vietnam, la musica nera che lascia da parte i bei ricordi del decennio precedente per diventare funk, ritmo e acidità sonora. Qui un'altra epoca ha inizio.
Balthazar Smith
-----> L I N K <-----
1 commento:
bellissima recensione. il mio disco preferito di marvin. uno dei miei dischi preferiti in assoluto.
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