20090217

AUTECHRE: INCUNABULA


Mi piace variare un pò. Certo ci sono i dischi folk tipo Bon Iver o Ray Lamontagne, o le cose soul alla Sam Cooke, o l'house amorosa di Terre Thaemelitz. Però ci sono anche le cose nelle quali mi piace spaccarmi le meningi, sbattendoci ripetutamente la testa, tra suoni sperimentali, ritmi techno e sfondi ambient. Questo in breve il primo disco degli Autechre, duo inglese che nei lavori successivi porterà avanti un suono ancora più complesso e articolato, più vicino a una forma musicale autistica per così dire.
Ci rimango sempre male quando sento dire quanto la techno sia fredda, oppure che è musica per truzzi. Un errore considerare validi questi luoghi comuni.
Questo disco è la dimostrazione di come anche i rapporti umani possano essere descritti con questo tipo di suono. La società, l'incomunicabilità, i paesaggi urbani delle nostre città sono tutte cose che abbiamo creato noi esseri umani, di cui facciamo parte e che gli Autechre mettono al centro della loro poetica. Personalmente ritengo che un battito, una carezza di sintetizzatore e strumenti digitali possa valere tanto quanto una bella melodia o un testo ispirato. Molte volte mi è capitato di guardare la luna - una delle cose più vicine al mondo techno, lo spazio, il superamento dei confini - e di pensare che gli Autechre in realtà venissero da lì invece che da Sheffield, UK.
Sono molto grato a Incunabula, per varie ragioni. Più di tutte quella di avermi fatto provare una serie di sensazioni che trovavo nella realtà ma che nella musica mai mi era capitato di avvicinare. I silenzi, le angoscie, gli impeti emotivi, gli slanci notturni e tante altre cose. Dico tante altre cose perchè ogni volta che lo ascolto trovo qualcosa di nuovo, talmente esso è stratificato e sottile nel suo svolgersi. Sfondi, panorami, aperture nel paesaggio di un robot. Ehm...scusate, di un uomo.

Bastian Smith

-----> L I N K <-----

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