20111022

public enemy | yo! bum rush the show

A volte saper parlare non serve, conta più quello che si ha da dire. Altre volte invece la cosa importante è come lo si dice, non importa il contenuto. Nel caso dei Public Enemy, la differenza la fa l'urgenza, che si manifesta sia nelle liriche sia nell'approccio musicale: potente. Un suono che riempie ogni vuoto e fa si che non ci sia tempo per pensare, ma solamente per agire, sferrando un colpo preciso alle orecchie e alla coscienza dell'ascoltatore.
Può sembrare un caos, un impeto che come tale non è controllato, un frullato di suoni e di pensieri buttati lì, soprattutto ai primi ascolti, nei quali la frenesia sembra prendere il sopravvento.
Con il passare del tempo si delinea un piano preciso, concreto, che da quella urgenza originaria fa scaturire uno stile che con il tempo si è delineato sempre di più come unico: solo dal caos può nascere qualcosa di fresco, che mette a soqquadro una nazione. Già in questo primo disco i campionamenti raggiungono un numero elevato di sfacettature, di angoli e pieghe, e nonostante la loro eterogeneità si dimostrano in fin dei conti coerenti, fedeli a quella spinta propulsiva iniziale.
Un soul, nell'accezione letterale del termine, da strada, con le scarpe da ginnastica e il bomber, gli occhiali da sole e il berretto, l'impegno nel cuore e nella testa. Una spaccatura vera e propria nella società americana, una rivoluzione che è partita dalla fine degli anni sessanta ed è arrivata fino ai Public Enemy: un nemico pubblico di un sistema che sta per essere messo in crisi.
Funk, poesia, punk.
Chitarre, sirene, battiti.
Distorsioni, riverberi, politica.

Balthazar Smith


| l i n k |

Nessun commento: