20110128

F E N N E S Z. ENDLESS SUMMER

Quello che conta dire su questo disco lo proverò a scrivere in pochi semplici concetti, perchè in fondo esso è semplice di sua natura.
Spesso si dice che album come questo sono solamente complicazioni musicali, sperimentazioni, più o meno riuscite, ad esempio su un strumento (in questo caso la chitarra, manipolata, masticata, sputata e mangiata di nuovo). Cose che possono sembrare senz'anima, così colme di stridori, alterazioni, distorsioni, riflussi e quant'altro. Nel caso di Endless Summer, non c'è nulla di più sbagliato. Aver pensato, anche solamente una volta, che non si possa tirare fuori un'anima, da progetti come questo è inutile presa di posizione. E' il rock e deriva che può esprimere un sentimento, e niente di più.
Ma andiamo a scovare sotto. Tra i rumori, i riverberi, le contaminazioni. Scoviamo e scaviamo. Troveremo stati d'animo, manifesti dello spirito, virate spaziali che si fanno movimenti interiori. E infine scopriremo l'uomo, colui che queste cose le aziona, le suona, le manipola, colui che in questa cosa ci mette le mani. Quale parte anatomica è più sincera, più vera, meno artificiosa, delle mani? Primo contatto con il mondo e con noi stessi, vera estensione che ci permette di creare, aggiustare, costruire, inventare, stringere, allentare, legare.
Sotto a tutto questo, e oltre a tutto questo, il pop, onda silenziosa, che si immerge in un mare di rifrazioni, di silenzi, di autismi, vero filo rosso che permette a questo disco di essere un'opera umanistica, capace di catturare un attimo di estate, di giovinezza, di eternità.
Un anno in un minuto, una stagione in un disco.

Balthazar Smith

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