20101224

M o v i e O n M y M i n d. KIDS (Larry Clark)

Un incubo. Di solito quando ci si ritrova al suo interno, non ce ne accorgiamo completamente. Solamente dopo, al risveglio - in questo caso durato novanta minuti - ci si rende conto di quello che è stato. Un incubo che è realtà, e viceversa. E quando questo accade che ci sentiamo perduti, disorientati, sbilanciati verso qualcosa che non conosciamo. La camera a mano, le immagini sporche, i dialoghi che scivolano sul sudore di in un afoso pomeriggio newyorkese, i volti di questi ragazzi non hanno nulla a che fare con il cinema, le storie che sono disperazione, fine e quotidianità nello stesso momento. Se c'è qualcosa che non dovrebbe mai diventare una generazione, quel qualcosa è raccontato qui. Il primo film del fotografato Larry Clark è spietato come dovrebbe esserlo un film di serial killer, di gangster, di mafiosi, quando in verità sono solo adolescenti, persi chissà dove e mai più ritrovati. Non c'è redenzione, non c'è speranza, nonostante la giovane età possa far pensare a un futuro diverso per loro, non c'è dato saperlo. E questo non solo perchè il film vive nel presente, ma perchè per loro stessa natura queste azioni, parole e pensieri non possono contemplare qualcosa che vada al di là dell'avventura serale, del branco che pesta a sangue uno sconosciuto al parco, di qualche furtarello e litri di alcol e nuvole di fumo. Tutto è fermo in quei momenti, sospeso in pomeriggi infiniti e genitori inesistenti. L'immobilità è quello che rende una situazione vicina all'incubo. L'incapacità di spostarsi è la fine di queste vite, arrestate su loro stesse, scomparse nel traffico di una metropoli.

Balthazar Smith

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