20090110

CONVERSAZIONE CON ELLIOTT

Ti stavo guardando da qualche metro di distanza. Tu eri sotto il tuo ombrello scuro a ripararti da non so cosa. Non stava piovendo, o almeno non ancora. Se ripenso a quel giorno mi sembra tutto molto strano. Mi ricordo di aver pensato che potevo avvicinarmi e salutarti, magari per presentarmi e dirti quanto i tuoi dischi mi avessero cambiato la vita. Decisi di lasciarti da solo con il tuo ombrello e il sandwich in mano. Ho sempre odiato la gente che disturba mentre si sta mangiando, e io certo non volevo essere uno di quelli.
A pensare a come sono andate poi le cose un pò mi pento. L'unica occasione per stringerti la mano, per un autografo o una foto...no, sarebbe stato troppo. Ma almeno una volta nella vita toccare quella mano che ha scritto brani per me indimenticabili sarebbe stato un motivo di orgoglio. Sai, sono riuscito nel mio piccolo a fare in modo che qualcuno ti scoprisse. Non so bene perchè l'ho fatto. Forse perchè parlare di musicisti suicidi affascina sempre un pò, o forse perchè la tua musica è veramente qualcosa di umano e sincero. All'inizio non capivo, ma credo di averlo fatto perchè in qualche modo mi sento in debito con te.
Egoisticamente non approvo il tuo suicidio. Ti ho scoperto tardi, quando tutto era già accaduto. Non ho mai provato l'attesa per un tuo nuovo disco, non ho mai avuto la possibilità di sperare che tu un giorno passassi per di qua a cantare le tue canzoni. Le interviste che ho letto devo leggerle tutte con un occhio al passato. Sinceramente non è un granchè, sai?
Però se questo è quello che volevi lo accetto. Anche se, perdio, perchè in quel modo? Lo so lo so, a volte non è importante come andare via, ma solamente andare. Sparire. Come se fossimo in un reflusso, risucchiati, divorati. Un punto di domanda eri e un punto di domanda rimani. Non sei mai stato un punto esclamativo, ma io d'altronde i punti esclamativi non li ho mai amati.

Bastian Smith

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